Nel corso della pratica si hanno tanti elementi che, a vario titolo, intervengono a livello mentale, ai quali si deve porre particolare attenzione per non lasciarsi distrarre da un corretto procedere, direi che uno di quelli più ricorrenti è il “fascino” del centro.
Da sempre qualsiasi cosa che compiamo, sia lavorativa, sportiva o anche affettiva, è stata sempre posta con un preciso obiettivo, tutto è finalizzato a uno scopo che determina anche il modo di operare, da cui si traggono i famosi assiomi “il fine giustifica i mezzi” e “in guerra e in amor tutto è permesso”.
Quindi in una disciplina sportiva come il tiro con l’arco, l’importante è, generalmente, mettere la freccia nel centro del bersaglio, e questo, quando avviene, dà una certa soddisfazione, che nasce spontaneamente essendo appagati del gesto compiuto.
Nel Kyudô questo, soprattutto per i principianti, è invece un impedimento; le regole del Kyudô sono state fissate nel corso di un lungo apprendimento da parte di Maestri del passato, queste devono portare a un tiro fatto in un determinato modo, con determinate condizioni per essere ritenuto valido, quindi non basta che la freccia colpisca, ma lo deve fare anche nel modo corretto.
Comunque è sempre innegabile che la soddisfazione del centro, essendo impossibile da controllare, alla fine intervenga a deconcentrare il praticante, soprattutto può prendere coloro che dimostrano di avere un certo talento per l’arco.
Il fare molti centri, soprattutto all’inizio della pratica, prima di capire che si deve avere una lunga esperienza e disciplina, può portare molte persone a credersi già brave in poco tempo, la difficoltà sta nel fatto che, se questa situazione permane, si finirà per non ascoltare più l’insegnamento delle regole, lasciando di conseguenza il gruppo.
Il motivo è da ricercare nel metodo stesso di come devono essere trasmesse le nozioni; l’arciere deve, soprattutto nella prima fase, studiare i vari elementi che permettono lo sgancio della freccia, arrivando lentamente a comprendere che il tiro è una costruzione armonica di tutte le componenti, è praticamente normale che vengano corrette posture che portano a modificare le condizioni dello sgancio.
Anche se la precedente situazione a prima vista può sembrare abbastanza regolare, la si deve riportare in un ambiente pratico: ci sono alcune giornate, e dopo qualche tempo possono capitare a tutti, in cui sembra che tutto funzioni a dovere, la maggior parte delle frecce va’ dritta sul bersaglio e sembra così di aver ottenuto dei buoni tiri, in genere è il momento in cui viene proposta una modifica, la ragione è quella di non lasciare assuefare l’arciere in uno stato che ancora non può essere quello corretto, ma a questo punto succede che non si riescono più a mettere le frecce nel bersaglio. Aggiungendo il fatto che magari anche la difficoltà quasi sempre aumenta, si può arrivare a un rifiuto mentale della correzione, visto che, dal punto di vista dell’arciere, di fatto ha creato una situazione non soddisfacente; questa cosa può essere superata solo con la fiducia nell’insegnamento, si deve ogni volta vincere un po’ se stessi per andare oltre un appagamento facile, se comunque il rifiuto mentale resta, a lungo andare, può diventare molto pesante, portando a una certa frustrazione che può causare l’abbandono della pratica.
Un altro aspetto del fascino del centro è ciò che accade durante una dimostrazione, in cui c’è un pubblico che assiste. In genere qui in occidente l’idea diffusa sul tiro con l’arco è quella espressa all’inizio di questo articolo, cioè che un bravo arciere mette la freccia nel bersaglio, ed è questo che la gente vuole vedere. Chi sta’ facendo la dimostrazione può sentirsi caricato della responsabilità di fare centro a prescindere dalla tecnica utilizzata, semplicemente per fare in modo che il pubblico apprezzi, quindi ci sarà delusione per ogni errore commesso, o anche gratificazione senza avere effettivamente merito, oltre al fatto di aver colpito.
Quando si pratica il tiro con l’arco giapponese si deve considerare che, nel lungo periodo iniziale in cui si studia la tecnica, non si può dire di aver compiuto un centro in maniera corretta, questo non vuol però dire che il centro non sia importante, ma si deve avere la pazienza e l’impegno di eseguire i giusti movimenti e raggiungere la situazione mentale ideale, solo a questo punto in poi c’è la possibilità di colpire nel modo corretto, questo certamente porta a una soddisfazione meno immediata, ma più profonda.