Il tiro che dona

Il tiro che dona

Un grande cavallo pezzato, un Cavaliere in tenuta da battaglia, sguardo sprezzante di colui che non ha mai conosciuto sconfitta, giovane e irruento nei modi e nell’aspetto, d’improvviso comparve nella spianata antistante al Dojo, diede un rapido sguardo da uomo d’arme per impadronirsi della situazione.

Il Maestro stava tornando dal fiume con due Allievi che portavano giare d’acqua, il Cavaliere si mosse veloce, in modo da atterrire coloro che si trovavano sulla sua strada, il cavallo si impennò a pochi passi da loro, i ragazzi sorpresi da quell’azione lasciarono andare le giare che si ruppero in pezzi e l’acqua corse via in mille rivoli, il Maestro rimase impassibile e osservava.

“Tu… Vecchio Maestro, sono qui per te.”

“La mia casa è la tua casa, ma tu rispetta questo luogo e non spaventare più la mia gente.”

Il viso si fece ancora più sprezzante, “Non ho di che mischiarmi con certe persone, cerco te perchè mi hanno detto della tua tecnica e volevo sapere se è tutto vero.”

Il Maestro ascoltava, senza fare trasparire la minima emozione, “Dal tuo aspetto sembri un arciere allenato alle tecniche di guerra, quindi scendi dal cavallo e entra con me nel Dojo, mostrami ciò che sai fare.”

Sempre con lo sguardo fisso su quella esile figura, scese.

“Ma prima accetta la mia ospitalità, come si conviene, ti farò preparare una tazza di thè.”

“Non sono venuto per le tue smancerie, io sono un uomo d’azione, non da palazzo Imperiale, portami subito nel tuo Dojo.”

Rapidamente, fuori dal Dojo, una piccola folla di persone si raggruppò per assistere.

Entrò, con armatura e scarpe sporche di terra, nessun rispetto dovuto a una convinzione di superiorità.

Il Maestro non battè ciglio, “Mostrami dunque di cosa sei capace”.

Prese l’arco, estrasse una freccia da guerra dall’Ebira, si pose sulla linea di tiro e scoccò la freccia, che si conficcò nel centro del bersaglio, un grugnito di soddisfazione accompagnò quel gesto.

“Bene, però è evidente…”

“Cosa?” rispose seccato il giovane.

“Non hai considerato il suono del fiorire del ciliegio nella piana di Oshino, riprova.”

Un po’ sorpreso da quella osservazione, pensando tra sè “Vecchio pazzo”, prese una seconda freccia, nello stesso tempo, non visto, il Maestro prendeva in mano un Mato appoggiato nel Dojo.

Si preparò, fece per scoccare la freccia, nel mentre il Maestro diede un piccolo colpo sul bersaglio che aveva in mano, l’arciere udendo l’improvviso, anche se leggero suono, si deconcentrò, la freccia volò incerta e si conficcò nell’Azuchi distante dal bersaglio.

Si girò infuriato verso il Maestro, ma prima che proferisse parola venne ripreso, “Tu che sei abituato ai rumori della battaglia, che ti è sembrato un lieve suono, riprova.”

Prese la terza freccia, infastidito da quell’ometto che credeva di impressionarlo con trucchi da teatro Kabuki, sarebbe stato attento a qualsiasi suono avesse emesso, con la coda dell’occhio lo vide prendere un ventaglio, ma ora non si sarebbe lasciato sorprendere.

Tese l’arco, il Maestro con rapido movimento passò il ventaglio vicino all’orecchio dell’arcere, producendo un lieve vento, questo lo distrasse e la sua freccia volò scomposta e si conficcò sul campo.

Nuovamente cercò di inveire contro il Maestro, ma parlò prima lui, “Un lieve smuovere di vento, nessun rumore, il tuo animo è inquieto, ora io scoccherò una freccia.”

Con un sogghigno gli lasciò il campo, “Fammi vedere, Vecchio.”

Il Maestro si preparò, azioni precise e calme, ma quando fù sulla linea di tiro, dopo i primi movimenti, il giovane guerriero lanciò un terrificante urlo di battaglia, estrasse la spada, un rapido movimento rotatorio, fece arrivare la lama fino a lambire il collo del Maestro, producendo un piccolo taglio.

Il fatto impressionò coloro che osservavano la scena, ma quando l’attenzione si spostò sul Maestro, notarono che la sua calma era rimasta immutata, scoccò la freccia e fece un centro perfetto, restando poi impassibile a guardare il guerriero, rimasto colpito da quel gesto.

“Il tuo tiro è fatto apposta per togliere una vita, quando sarai pronto ritorna, e io ti insegnerò un tiro che dona una vita.”

Egli se ne andò.

Perchè scegliere il Kyudo? L’inizio della pratica

Perchè scegliere il Kyudo? L’inizio della pratica

Ci sono diverse ragioni per le quali ci si può avvicinare a un’Arte Marziale quale è il Kyudo: in primo luogo, secondo il sottoscritto, c’è una passione per la filosofa e l’arte orientale in genere, riguardante più uno stato mentale che fisico, in effetti ho sempre considerato il Kyudô un tiro più filosofico che pratico. Altre ragioni possono riguardare il fatto dell’essenzialità delle forme tradizionali, come la stessa forma dell’arco, che si rifa’ a quello medioevale utilizzato in battaglia; alcuni poi hanno letto il famoso libro “Lo Zen e il Tiro con L’arco” di Eugen Herrigel, che descrive la sua esperienza con il maestro Awa Kenzo sull’apprendimento di quest’arte, che ha diversi stili associati generalmente a un particolare Arciere che ha dato inizio alla linea della scuola di appartenenza.

I primi passi del Kyudo

Normalmente in un primo momento si partecipa a un incontro per aver modo di vedere come si sviluppano le lezioni (in molti casi non si è praticamente mai osservato come si svolge il tiro), e avere quindi modo di decidere la partecipazione.
Appena entrati si comincia a considerare l’ambiente, il primo periodo è forse il più difficile da superare, in quanto si deve cominciare ad apprendere il rapporto con diverse cose: in primo luogo si comincia eseguendo tutto quello che porta allo sgancio della freccia (cosa che non può avvenire subito dato il metodo che si deve utilizzare, ogni elemento ha la sua norma), il tiro vero e proprio avviene in conseguenza di movimenti ben determinati, quindi si deve attendere di avere una certa forma iniziale, questo periodo varia a seconda di quanto tempo necessita per apprendere una prima bozza del necessario.
Di pari passo si comincia ad avere modo di osservare il comportamento nel Dōjō, ovvero “il Luogo della Pratica“, in cui ci si deve muovere con attenzione, anche questo fa parte della pratica del Kyudô, il modo di rapportarsi al Maestro, con gli altri praticanti e con la stessa attrezzatura.

Le prime lezioni hanno anche lo scopo di capire se si è adatti a questa disciplina: una delle prime cose che vengono dette, nel caso di un gruppo che segue una via classica, è che si richiede un’attenzione particolare all’insegnamento così che si vada a creare un ambiente di rispetto tra il Maestro e l’Allievo, condizione necessaria per procedere nell’Arte Marziale tradizionale. Un concetto con cui non è semplice in un primo momento entrare in sintonia, qui potrebbe esserci un primo scontro tra mentalità diverse: occidentale e orientale.

Al riguardo del materiale, arco, frecce e guanto vengono di norma forniti dalla scuola per i primi tempi, solo dopo che si ha la sicurezza di andare avanti si dovrà acquistare il proprio materiale, visto che il tutto va’ adattato alla persona.
Quindi i primi tempi si passano a ripetere i primi movimenti, come muoversi dalla linea di attesa (Honza) alla linea di tiro (Shai), come porsi di fronte al bersaglio, l’allineamento, l’incocco della freccia, e poi col tempo arrivare a tendere l’arco, iniziando a conoscere il modo speciale della torsione sull’impugnatura, parte integrante del modo di utilizzo, la Tecnica, questo senza ancora scoccare la freccia, passano così i primi mesi, fino al momento in cui il Maestro decide che si è giunti al momento del primo sgancio.

Quindi la domanda la porgo a voi: Perchè scegliere il Kyudo?

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