Ascolta e vedi

Ascolta e vedi

Come il ritmo del respiro, anche qui scorre il tempo, scandito dalle stagioni, molte lune si sono affacciate sopra le chiome degli alberi, il nuovo viene pieno di dubbi, l’antico resta a permeare questi luoghi, un piccolo Acero Rosso unico testimone.

Egli ha seguito la via dell’arco con sincerità, e altresì una preparazione spirituale, quel giorno volle esprimere al Maestro un suo dubbio che strideva tra i due mondi: “Ho meditato molto sull’impermanenza, ogni cosa del mondo è transitoria, fugace, ingannevole, in questo contesto come si pone l’imparare una tecnica che appare molto terrena, come può aiutare a elevarsi spiritualmente”.

“La tua richiesta è molto singolare, ma le parole non basterebbero, ti racconterò una storia di questo luogo, così potrai sentire quello che non si può trasmettere parlando”.

… In un giorno passato, molto giovane è il ragazzo che viene portato dal padre al “Dojo dell’Improvviso Risveglio”, la sua vita dovrà essere quella del guerriero, ma prima deve cominciare a imparare la lunga via della dedizione. Il ragazzo era molto ricettivo, ma anche molto irrequieto, arco, spada, naghinata, fiero del suo lignaggio seguiva tutto con quell’entusiasmo giovanile che è tipico dell’età.

C’era un anziano e patetico vecchietto, viveva della carità degli abitanti del luogo, si aggirava nella zona, con un fare allegro e un po’ svanito, era benvoluto da tutti… o quasi. Amava passare il suo tempo osservando le varie attività del Dojo, sopratutto lo si vedeva con uno sguardo intenso osservare coloro che tiravano, ma subito dopo cominciava a fare gesti inconsulti, a volte era talmente insistente che infastidiva e disturbava, tanto che il Maestro a volte doveva andare a parlarci, dopo un po’ il vecchio si allontanava, e si poteva riprendere con più calma.

Il ragazzo è cresciuto, si è applicato molto nella pratica, aveva raggiunto un buon livello, ma quando andava verso il Dojo notò che questo irritante vecchietto lo seguiva, quando tirava gli faceva strani accenni, poi sorridendo si metteva quasi a scimmiottare i movimenti del tiro, il ragazzo ne era fortemente disturbato, chiese diverse volte al Maestro il motivo per cui non lo allontanavano, ma riceveva sempre risposte di circostanza che lasciavano in lui una certa frustrazione.

Quella mattina andò al Dojo per allenarsi da solo, si preparò e tirò qualche freccia, a un certo punto si voltò, di fronte a lui stava il vecchio, si era spinto addirittura a entrare nel luogo della pratica, e lo guardava con quel sorrisetto che era tra il canzonatorio e il compiaciuto.

C’erano solo loro e pensò che non avrebbe atteso nessuno per allontanarlo, fece un passo, in quel momento entrò il Maestro, vide la situazione: “Non avrei aspettato questa volta, non doveva entrare qui.”

Poi si mise in disparte, aspettando che il vecchio venisse allontanato, per un certo tempo parlarono, ma dopo un po’, stranamente, vide i due uomini che si avvicinavano.

Il Maestro disse: “C’è del buono in te, ma ancora non hai compreso il Vedere… è non solo guardare, l’Ascoltare… è non solo sentire”, prese un arco e una freccia, si diresse sulla linea Honza e si voltò… a quel punto invitò il vecchio a raggiungerlo e gli consegnò l’arco e la freccia.

Appena li prese in mano ci fù un come cambiamento, l’anziano assunse una postura marziale, si voltò a guardare l’allievo, uno sguardo profondo, si mise in posizione e avanzò deciso verso la linea Shai.

L’allievo era improvvisamente ammutolito e osservava i gesti precisi che compiva colui che, fino a poco prima, era una semplice comparsa in quel luogo, un tiro pulito, consapevole, come solo al suo Maestro era capitato di vedere fare.

Dopo quel giorno l’uomo anziano non mutò i suoi gesti o le sue espressioni, ma ora ogni cosa che faceva aveva assunto un significato diverso, quel movimento, quell’espressione, quella lamentela racchiudevano piccoli e grandi segreti dell’arco, prima non riusciva a vedere che quando il Maestro andava per parlargli non era per allontanarlo, ma per ascoltare il suo consiglio, andò avanti per lungo tempo sulla Via.

… “Cosa insegna questa storia?” chiese alla fine.

“Senza l’arco non si poteva vedere ciò che era nascosto”.

“Per questo serve uno strumento come l’arco”.

“Ho compreso il legame fra l’arco e l’impermanenza, ma dimmi Maestro, com’è possibile che tu conoscessi così tanti particolari di questa storia, nessuno poteva ricordarli…”

Si limitò a sorridere.

Il Samurai

Il Samurai

Guerra, battaglia, assedio… Sono un Samurai, ho servito sempre fedelmente il mio Daimyō, la mia vita è stata un inno al Bushidō, questa mattina sono qui sulla piana di Oshino con i miei compagni, il nemico è là di fronte.

Oggi le nostre bandiere si levano in alto, il mio arco è pronto, osservo il nostro gruppo di battaglia, sembra una selva ondeggiante, siamo dietro le fortificazioni, in attesa del comando di avanzare, una calma irreale in questi momenti scende tutto attorno, lo sguardo spazia lontano, oggi incontrerò il mio destino?

Un fremito attraversa gli uomini, ecco il nostro Condottiero, passa al galoppo di fronte a noi… Urliamo agitando gli archi per non avvertire la tensione, il nemico deve sentirci… siamo pronti, motivati… Si ferma al centro dello schieramento, un rapido sguardo alle truppe, poi si volta verso l’avversario e mostra l’Arco Shigheto in segno di rispetto.

Tutto ora è pronto, attendiamo solo l’ordine, che non tarda ad arrivare, una freccia sibilante si alza nel cielo.

Usciamo sul campo, è finita questa attesa, è l’ora dell’azione, avanziamo con decisione sulle nostre posizioni, il nemico non si fa attendere, è iniziata.

La nostra è una buona posizione, una collinetta che sovrasta un vasto spazio aperto, presto… schierarsi in Kazuya… il nemico arriva ed è numeroso… veloce come la tempesta… le frecce sono in posizione… tiro rapido… tiro rapido… molte frecce piovono sui nostri avversari… non si fermano… non si fermano… continuare… continuare…

… La nostra cavalleria spazza il campo, le frecce continuano a martellarli… cedono… alla fine cedono… è solo il primo scontro… approvvigionamento… mi volto verso la piana che si estende alla nostra destra, eserciti si battono ferocemente, il fragore dello scontro arriva portato dal vento…

… Spostamento… Veloce… Attento… Nuova posizione… nuovo assalto, si sono riorganizzati… non devono passare verso la piana… nuovamente lanciamo le nostre frecce… la cavalleria presto… il segnale…

… Non interviene… non interviene… ripiegare… rapidi… con ordine… un reparto proviene da destra… sono nostri… colpiscono il nemico… fermare il ripiegamento… il nemico è troppo vicino… schieramento veloce Yō Mae… colpire… colpire… tiro ravvicinato… ancora una volta stanno sbandando… forza, avanzare… avanzare… ma… non stanno veramente combattendo tra di loro… è una trappola… tradimento… inganno… una finta per farci avvicinare… troppo vicini… siamo troppo vicini… non possiamo sfuggire… segnale alla cavalleria… non ci sono più… pronti al corpo a corpo… cavalleria nemica… arrivano… travolgono… serrare… serrare… oblio.

Mi risveglio… è sera ormai… ferito… disorientato… i miei compagni attorno a me… sono l’unico ancora vivo… chi ha vinto… chi ha perso… concetti strani in questo momento… il rispetto, l’onore si scontrano con interessi diversi, se resta il tradimento, dov’è la vera via del guerriero… mi allontano da quel luogo, non resisterò a lungo in questo stato.

… Devo essere nuovamente svenuto, il campo di battaglia è dietro le mie spalle, sono vicino al fiume… essere come il fiume, è sempre nello stesso luogo, ma sempre nuovo, mai lo stesso…

… Riapro gli occhi, sono in una casa, egli si volta: “Non fare sforzi, ti ho trovato sulla riva del fiume e ti ho portato qui, per curare le tue ferite, ora cerca di riposare”, guardo fuori dalla finestra, da quel poco che si vede il luogo è tra gli alberi, il sole splende e sento lo stormire delle fronde, un senso di pace circonda l’ambiente.

… Gli eventi si susseguono…

… Il tempo è passato… posso uscire… che luogo fantastico… un piccolo Acero rosso, una Pagoda e il Luogo della Pratica… l’uomo si avvicina.

“Ti trovo bene oggi, guerriero”.

“Chi ha vinto la Battaglia”, chiesi.

“Ha veramente importanza?”.

Fui molto colpito, come poteva essere tutto così in linea con i miei pensieri, “No” risposi, il mio sguardo indugiò sull’ambiente, “Sembra che il mondo sia cambiato”.

“Eppure è sempre lo stesso”, e riprese le sue mansioni.

Dopo diversi giorni le mie ferite guarirono completamente,ma non mi sentivo pronto per tornare a un mondo di sordidi intrighi, restai.

Presi in mano un arco, aveva sempre rappresentato guerra per me, mi recai nel Dojo per eseguire qualche tiro, l’uomo mi osservò, “Si vede il tormento che è dentro il tuo animo”.

“Ho conosciuto solo la Via del Guerriero, ma il mondo è senza onore”.

“Il mondo è ciò che è, ma a volte un fiore nasce nella dura terra”.

Eseguì un tiro, e fù per me come essere in riva al fiume…

Imparai a sentire l’energia che scorre… ora calma… ora forte…

Il tiro che dona

Il tiro che dona

Un grande cavallo pezzato, un Cavaliere in tenuta da battaglia, sguardo sprezzante di colui che non ha mai conosciuto sconfitta, giovane e irruento nei modi e nell’aspetto, d’improvviso comparve nella spianata antistante al Dojo, diede un rapido sguardo da uomo d’arme per impadronirsi della situazione.

Il Maestro stava tornando dal fiume con due Allievi che portavano giare d’acqua, il Cavaliere si mosse veloce, in modo da atterrire coloro che si trovavano sulla sua strada, il cavallo si impennò a pochi passi da loro, i ragazzi sorpresi da quell’azione lasciarono andare le giare che si ruppero in pezzi e l’acqua corse via in mille rivoli, il Maestro rimase impassibile e osservava.

“Tu… Vecchio Maestro, sono qui per te.”

“La mia casa è la tua casa, ma tu rispetta questo luogo e non spaventare più la mia gente.”

Il viso si fece ancora più sprezzante, “Non ho di che mischiarmi con certe persone, cerco te perchè mi hanno detto della tua tecnica e volevo sapere se è tutto vero.”

Il Maestro ascoltava, senza fare trasparire la minima emozione, “Dal tuo aspetto sembri un arciere allenato alle tecniche di guerra, quindi scendi dal cavallo e entra con me nel Dojo, mostrami ciò che sai fare.”

Sempre con lo sguardo fisso su quella esile figura, scese.

“Ma prima accetta la mia ospitalità, come si conviene, ti farò preparare una tazza di thè.”

“Non sono venuto per le tue smancerie, io sono un uomo d’azione, non da palazzo Imperiale, portami subito nel tuo Dojo.”

Rapidamente, fuori dal Dojo, una piccola folla di persone si raggruppò per assistere.

Entrò, con armatura e scarpe sporche di terra, nessun rispetto dovuto a una convinzione di superiorità.

Il Maestro non battè ciglio, “Mostrami dunque di cosa sei capace”.

Prese l’arco, estrasse una freccia da guerra dall’Ebira, si pose sulla linea di tiro e scoccò la freccia, che si conficcò nel centro del bersaglio, un grugnito di soddisfazione accompagnò quel gesto.

“Bene, però è evidente…”

“Cosa?” rispose seccato il giovane.

“Non hai considerato il suono del fiorire del ciliegio nella piana di Oshino, riprova.”

Un po’ sorpreso da quella osservazione, pensando tra sè “Vecchio pazzo”, prese una seconda freccia, nello stesso tempo, non visto, il Maestro prendeva in mano un Mato appoggiato nel Dojo.

Si preparò, fece per scoccare la freccia, nel mentre il Maestro diede un piccolo colpo sul bersaglio che aveva in mano, l’arciere udendo l’improvviso, anche se leggero suono, si deconcentrò, la freccia volò incerta e si conficcò nell’Azuchi distante dal bersaglio.

Si girò infuriato verso il Maestro, ma prima che proferisse parola venne ripreso, “Tu che sei abituato ai rumori della battaglia, che ti è sembrato un lieve suono, riprova.”

Prese la terza freccia, infastidito da quell’ometto che credeva di impressionarlo con trucchi da teatro Kabuki, sarebbe stato attento a qualsiasi suono avesse emesso, con la coda dell’occhio lo vide prendere un ventaglio, ma ora non si sarebbe lasciato sorprendere.

Tese l’arco, il Maestro con rapido movimento passò il ventaglio vicino all’orecchio dell’arcere, producendo un lieve vento, questo lo distrasse e la sua freccia volò scomposta e si conficcò sul campo.

Nuovamente cercò di inveire contro il Maestro, ma parlò prima lui, “Un lieve smuovere di vento, nessun rumore, il tuo animo è inquieto, ora io scoccherò una freccia.”

Con un sogghigno gli lasciò il campo, “Fammi vedere, Vecchio.”

Il Maestro si preparò, azioni precise e calme, ma quando fù sulla linea di tiro, dopo i primi movimenti, il giovane guerriero lanciò un terrificante urlo di battaglia, estrasse la spada, un rapido movimento rotatorio, fece arrivare la lama fino a lambire il collo del Maestro, producendo un piccolo taglio.

Il fatto impressionò coloro che osservavano la scena, ma quando l’attenzione si spostò sul Maestro, notarono che la sua calma era rimasta immutata, scoccò la freccia e fece un centro perfetto, restando poi impassibile a guardare il guerriero, rimasto colpito da quel gesto.

“Il tuo tiro è fatto apposta per togliere una vita, quando sarai pronto ritorna, e io ti insegnerò un tiro che dona una vita.”

Egli se ne andò.

L’Arcobaleno nella Luce  del Mattino

L’Arcobaleno nella Luce del Mattino

Ci sono giorni, al “Dojo dell’Improvviso Risveglio”, in cui il Sole sembra particolarmente ispirato a fare risplendere i colori della Natura, nasce dietro le colline e proietta la sua luce proprio sull’Azuchi, creando giochi di luce particolari.

Il Maestro di questo luogo ha imparato col tempo a riconoscere i giorni migliori, lo sapeva già prima che il sole si facesse vedere nella sua pienezza.

Quella mattina si trovava in compagnia di un Allievo, da tempo era entrato a fare parte degli arcieri, e ora aveva raggiunto un elevato livello di conoscenza, ma non riusciva a superare l’ultima fase dell’apprendimento per raggiungere il tiro corretto.

Guardò verso le colline, il Sole ne infiammava la sommità, quella striscia di luce che rende magico il paesaggio.

Disse “Oggi la giornata è carica di Grandi Promesse, penso che Tenterò l’Arcobaleno”…

L’Allievo, sorpreso, non disse nulla, ma restò stupito da quelle parole, possibile che il Maestro avesse detto quello che aveva udito, e si insinuò il dubbio….

Ma poteva veramente essere che il Maestro pensasse di avere una Tecnica che gli permettesse addirittura di rivaleggiare con l’Arcobaleno nella luce del Mattino, fino al punto di convincersi di potere, in qualche incredibile luogo dello spirito, essere una tentazione per questo spettacolo naturale, meditava…

In questi giorni speciali il Maestro aveva ancora una particolarità, preparava con piacere l’Azuchi per la pratica giornaliera, chiedendo a coloro che se ne occupavano normalmente di svolgere altre mansioni.

Prendeva gli strumenti adatti e si recava sul posto, cogliendo la prima luce del Mattino si metteva al lavoro… particolare… tra gli altri strumenti ne aveva uno incomprensibile, che si era costruito da solo… consisteva in un Ramo di legno molto secco e consistente, abbastanza voluminoso, con molti rametti, ai quali aveva applicato delle sottili lamine metalliche, come se fossero delle foglie.

Lì vicino c’era un grosso recipiente che raccoglieva l’acqua piovana, quest’acqua era poi utilizzata per inumidire l’Azuchi, il Maestro ogni tanto, facendo in modo di non rallentare troppo il lavoro, prendeva questo Ramo e lo passava nell’acqua, poi con un movimento veloce e armonico lo faceva roteare sopra l’Azuchi… si staccavano da esso migliaia di goccioline che restavano per un attimo sospese nell’aria, per poi ricadere sulla superficie di terra e sabbia, dopo questi gesti gli si leggeva sul volto un’espressione compiaciuta.

L’Allievo osservava questo, quando poi il ritmo della giornata si portò via tutto, tranne il dubbio che continuò a restare.

Un altro giorno… Sempre lo stesso luogo… Una giornata che nuovamente iniziava nella Luce sopra le Colline, nuovamente il Maestro e l’Allievo si trovarono vicini, i dubbi erano rimasti, ma anche quel giorno il Maestro disse: “Oggi avremo un’altra giornata piena, ottima per Tentare l’Arcobaleno”, e poi… velocemente… si allontanò senza aspettare una risposta.

Ma il tormento interiore dell’Allievo stava per giungere al suo culmine, non riuscendo ad applicarsi nei suoi compiti, guardava il Maestro che si accingeva tranquillamente al suo lavoro presso l’Azuchi…. Dopo qualche minuto il Vaso del Dubbio era colmo…

Da questo prese il coraggio, e si avviò verso l’Azuchi con passo deciso, doveva chiedere spiegazioni… Intanto il Maestro aveva iniziato la sua inusuale pratica di preparazione, con il suo Ramo compiva dei movimenti se possibile ancora più amplificati… E l’aria era sempre più satura di quelle goccioline che scendevano a terra lievemente, compì quel gesto proprio mentre l’Allievo si stava avvicinando.

Andava verso l’Azuchi con la testa piena di dubbi, quando avvicinandosi vide… qualcosa… si fermò, era durato troppo poco, non era attento… Fermo a pochi passi dal Maestro, che non aveva nemmeno accennato al fatto di essersi accorto che lui fosse lì.

Attese immobile, dopo qualche minuto il Maestro si accinse a compiere nuovamente quella specie di Rito… Il Ramo roteò alto, le gocce si sparsero nell’aria carica della luce del Sole Nascente… L’effetto fù immediato e dirompente, un attimo di pura Poesia… Rifrangendosi sulle gocce d’acqua, la luce creò uno stupendo Arcobaleno che restò sospeso per un attimo al di sopra dell’Azuchi….

Neanche si voltò: “Hai visto, oggi sono riuscito nel mio intento, ho dipinto nel Cielo con Mille Colori… Ora dimmi… Qual’è la tua intenzione?”.

Non disse una parola e tornò indietro, si sentiva libero… Quel giorno l’Arco misurò lo Spazio, la Freccia uscì Pulita… Centro!

Una storia da raccontare

Una storia da raccontare

Là nella provincia di Oshino, proprio oltre il ponte sul fiume… dietro la curva, tra gli alberi, dove il tempo sembra trascorrere in un’altra forma, da quella parte diresse i suoi passi il grande arciere Shinosuke Yoshi.

Ebbro di trionfi e considerazioni da tutti i tornei e dimostrazioni cui aveva partecipato, egli era un arciere senza fissa dimora, viaggiava di provincia in provincia facendo sfoggio della sua arte, proveniente dal campo di battaglia.

“Un grande arciere Shinosuke”, “Tecnica è perfetta”, “La sua foglia d’acero è efficace e pulita”, egli pensava a tutti questi riconoscimenti, quando… per caso… si ritrovò in quel luogo.

Vi era un bellissimo, piccolo Albero di Acero Rosso… cresceva proprio di fronte a una Pagoda di modeste dimensioni, come proveniente da un’epoca indefinibile… dietro di essa un grande spazio vuoto, Radura incorniciata da alberi antichi, tutto era colore, e i suoni della natura erano di una limpidezza quasi surreale.

Ma Shinosuke non se ne curava, era troppo perso nei suoi pensieri di gloria, ascoltava solo il suo mondo.

Il piccolo Albero aveva foglie perfette, tanto che attirarono subito la sua attenzione, un facile pensiero passò per la sua mente: “queste foglie sono l’immagine della mia mano, naturali e infinitamente belle, adornerò la mia Ebira con una di esse”, si avvicinò quindi senza esitare all’albero, tese la mano e staccò una di queste foglie, la più bella che avesse mai visto, senza voltarsi indietro proseguì per la sua strada.

Ma intanto nel luogo era cambiato qualcosa… il vento aveva preso a soffiare, prima un lieve sibilo tra le fronde degli alberi, i suoni si fecero sommessi, e lungo la strada lo sorprese una forte Tempesta… fuori posto… alzò gli occhi e si strinse nell’abito… fuori tempo… decise una sosta in una locanda ai margini del bosco, avrebbe ripreso la strada il giorno seguente.

Scorre il Tempo…

Sono passati due anni… la curva è sempre dopo quel ponte, e un giorno ritorna Shinosuke, ancora una volta i suoi passi su quella strada, non si sa come, ma ora è un arciere perduto, più nessuno osserva il suo tiro, come se un Demone Verde avesse preso possesso della sua arte e l’avesse deviata, distorta.

Avvilito molto nello spirito, pensa ai tempi andati, quando tanti avevano stima di lui… non ricorda quel luogo, anche se l’Acero Rosso, la Pagoda e la Radura rievocano in lui echi lontani.

Ancora cupa è l’atmosfera, una strana sensazione di mancanza lo pervade, decide quindi di raccogliersi in meditazione dentro la Pagoda… che sembra chiamarlo… in maniera irresistibile.

Si pone al suo interno, aggiusta i malconci cuscini che qualche buona persona ha ritenuto di lasciare per i viandanti in cerca di un po’ di pace, da tempo ha imparato la perfetta posizione del Loto, si pone sui cuscini e rivolge il suo sguardo verso l’ingresso.

Oltre quell’apertura c’è il piccolo Acero Rosso… dietro… non saprebbe distinguere… stranamente si è alzata una leggera brezza che fa fremere le fronde degli alberi.

Shinosuke medita… sul passato… sul futuro… la mente vaga e lui cerca di fermarla.

Intanto fuori sta arrivando la Tempesta, lo sfondo dietro all’albero si fa sempre più indistinto… come una nebbia sottile e impalpabile cala e circonda… dov’è questo luogo… un forte vento muove ferocemente le fronde del piccolo Albero rosso… e null’altro si può più vedere oltre l’ingresso.

Immerso nei suoi profondi pensieri, Shinosuke socchiude un momento gli occhi…strano… un piccolo Uomo senza età, avvolto dalle fronde rosse smosse dal vento impetuoso, ma l’Uomo è in pace….

“Non c’è riparo oltre questa Pagoda, entra con me, c’è posto, e lì fuori il nulla oltre la Tempesta”.

“Come vedi non temo la Tempesta”, rispose l’Uomo, “questo luogo è tutto ciò che ho sempre cercato, e tu… cosa cerchi?”.

Stupito da questa domanda di una voce antica, frastornato dalla Tempesta che imperversa, Shinosuke non capisce ancora…

“Chi sei?”, chiese con voce decisa al Vecchio.

“Un giorno tu passasti da questo luogo, recandomi offesa”.

“Quando è successo quello che dici”.

“Non ricordi, ma tempo fa, accecato dai tuoi successi, sei passato in questo luogo e hai preso da me qualcosa”.

“Cosa?”, chiese rispondendo a quella voce che risuonava sempre più chiara, pervadendo l’ambiente.
“Guarda nelle tue mani!”, riprese il Vecchio.

Shinosuke guardò… una foglia perfetta di Acero Rosso stava nelle sue mani… la osservò molto attentamente, e poi tornò a guardare l’Albero… qualcosa attirò la sua attenzione…

“Ora hai visto, tu hai preso senza il rispetto dovuto una delle mie foglie, e io ho dovuto mettere un’altra cosa al suo posto….”

Tra le fronde che fremevano vorticosamente, ancora scosse dal turbine… qualcosa… impressionante… una mano a forma di Foglia d’Acero era tra le altre foglie… e lui improvvisamente riconobbe… la sua mano!

Un lampo… e aprì gli occhi… fuori dalla Pagoda il tempo tendeva a rasserenarsi e l’aria era più calma, come non ci fosse mai stata Tempesta.

Forme, colori e suoni stavano tornando alla luce, come l’Anima di Shinosuke, che si rasò il capo e prese la via del penitente….

Là nella provincia di Oshino, proprio oltre il ponte sul fiume, sempre dietro la curva… tra gli alberi… dove il tempo sembra trascorrere in un’altra forma, c’è un piccolo Albero di Acero Rosso… proprio dietro c’è una Pagoda di modeste dimensioni, dietro alla Pagoda c’è il luogo in cui vive, vicino al quale è stato fondato il “Dojo dell’Improvviso Risveglio”,

Il Maestro di questo luogo incantato, del quale dicono che non abbia un nome, ha una tecnica di Tiro con l’Arco eccezionale, e tutti vogliono apprendere da Lui la Via… conduce
una vita parca e tranquilla.

C’è chi giura che… a volte… parla con il Piccolo Acero….

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